08.09.02
Corriere della sera
Emilia Costantini
Lady Day e i Sex Pistols miti «tradotti» in musical
Al via la rassegna teatrale di Benevento
Emilia Costantini
BENEVENTO — Sesso, droga, blasfemia e autodistruzione; la parabola umana e artistica dei Sex Pìstols, il gruppo punk inglese che visse una bruciante stagione di successo negli anni ’70, è di scena alla 23.ma edizione del Festival di Benevento, diretta da Maurizio Costanzo e inaugurata l’altra sera con l’omaggio a un’altra figura estrema, la signora del blues Billie Holiday, morta per abusi di droga e alcol a 44 anni.
«Ico No Clast» è il titolo dello spettacolo di Giampaolo Spinato, ideato e recitato da Fulvio Cauteruccio sul mito dei Sex Pistols: una drammaturgia originale che rilegge il fenomeno punk nella sua prima maniera più dirompente, quella del quintetto scoperto da Malcolm McLaren, che conobbe il suo periodo d’oro tra il ’77 e il ’79. Protagonista è Sid Vicious, cantante e bassista, il più radicale del gruppo che, dopo essere stato accusato dell’omicidio della sua ragazza, si uccise nel ’79 (a 24 anni) con una overdose di eroina.
Una storia di violenza, di provocazione, nata dall’aggregazione di cinque giovani teppisti della periferia londinese. «L’immondizia copre tutta la città, l’immondizia è la vita»: così i Sex Pistols descrivevano la realtà che vivevano e il loro motto «senza futuro» diventava pratica esistenziale. Una storia che è stata raccontata anche nel film documentario del 1999 The Filth and the Fury («Oscenità e Furore») di Julien Temple e che ora Cauteruccio, con la complicità drammaturgica di Spinato, ripercorre attraverso la figura dell’unico «martire» del gruppo, Sid Vicìous: martire perché prematuramente scomparso, ma anche perché la sua morte è in sintonia con la sua vita scellerata.
I superstiti del gruppo, invece, hanno tentato un revival di recente: nel luglio scorso si sono ricongiunti per un concerto a Londra, ma la loro è apparsa una riunione di ex ragazzacci ormai grassi e invecchiati ancorché provocatori come una volta (o quasi).
Lo spettacolo non risparmia critiche ai movimenti estremi, che dicono no a tutto, fino a negare se stessi. E non risparmia un coerente linguaggio crudo, che sfiora il vilipendio alla religione, situazioni scabrose (viene simulato un amplesso multiplo), scene iconoclastiche come la rituale uccisione, da parte del protagonista, dei suoi genitori.
Più romantica, ma non meno drammatica, è la vicenda di Billie Holiday, un mito ben più classico per tutti gli amanti del jazz. Nel musical di Massimo Romeo Piparo, intitolato «Lady Day», protagonista è Amii Stewart.
Nata nel 1915 da una povera famiglia, avviata alla prostituzione giovanissima, diventata poi la voce inconfondibile di tanti brani famosi, uno per tutti «The man I love», la
cantante nera viene raccontata in scena da un giovane esordiente: Frank Sinatra, suo ammiratore. Ma anche qui l’arte si inquina con l’eroina, con l’alcol e l’avventura di Lady Day si intreccia con la disperazione, il carcere e l’ospedale psichiatrico, fino al tragico epilogo.
Al Festival di Benevento c’è posto anche per altri temi molto attuali. Per esempio quello della vecchiaia, vissuta in una casa di riposa dai due protagonisti di «Gin Game» di Donald Lee Coburn: spettacolo-cult del 1978 nell’interpretazion di Paolo Stoppa-Franca Valeri, ora riproposto dalla coppia Valeria Moriconi-Massimo De Francovich.