15.02.04
Corriere della sera
Un ragazzo davanti al caso Moro – Ermanno Paccagnini
ROMANZI In «Amici e nemici» Giampaolo Spinato rivive il processo di maturazione di una generazione
Ventisei anni dopo i cinquantacinque tragici giorni del sequestro Moro son sempre lì a sollecitare interrogativi. Il «dov’ero io in quei giorni? Di che mi occupavo? Cos’era accaduto dentro di me?» di Marco Balliani (1950) in Corpo di Stato . Il Delitto Moro (Rizzoli 2003), tra racconto, riflessione e diario. O «Amici e nemici» (Fazi) di Giampaolo Spinato, classe 1960, un romanzo che attraverso il diciottenne Gianpaolo-Telonius, dai risvolti autobiografici, con cui l’autore rivisita la storia recente (terza puntata dopo il Telonius bimbo del Cuore rovesciato e il tredicenne di Di qua e di là dal cielo ), rivive il processo di maturazione generazionale: sentimentale (l’amore per Irene, la scoperta del sesso) e umano (l’uscita dal gruppo, CL, alla ricerca d’una identità personale). Con Moro quale approdo necessario, essendosi chiuso il precedente romanzo con la scelta brigatista di Seba, amico di Telonius, partecipe del sequestro col nome di Comandante Leto, salvo essere a sua volta rapito da un terrorista nero presente sul posto perché imbeccato dai Servizi Segreti (secondo la tesi della complicità «di Stato» nell’ affaire ). Ma questa è solo una delle componenti d’un romanzo, bilicato tra realtà e finzione, di grande leggibilità e capacità di avvincere pur nella struttura e scrittura complesse. Una struttura in nove capitoli, ciascuno suddiviso in cinque sottocapitoli dedicati quasi sempre a «parlamento, politica e palazzo»; «stanze del segreto» (Servizi; P2); le due prigioni (del Presidente e di Leto) e ai «ragazzi» (ovvero come è vissuta la vicenda tra pubblico e privato), in un non-dialogo a distanza tra Amici-Nemici (Moro-politici, brigatista-fascista, servizi segreti amici-nemici dello Stato). Con opzioni sempre differenti di registri linguistici, scrittura (a scatti; distesa; da ripresa documentale) e andamento narrativo: tra prospettiva interna (Moro e Leto), dialogato (i terroristi), scrittura para-saggistica del narratore per il palazzo; racconto (i ragazzi).
Certo, non mancano momenti deboli o gratuiti (la terrorista nera; l’insistenza sul rapporto tra terroristi; certi ammicchi a Pecorelli, Fioravanti, Berlusconi e simili). Ma i momenti migliori vengono proprio dalla delicata, coinvolgente resa delle interiorità (di Moro, soprattutto) e dal disegno delle psicologie dei ragazzi. Delle loro paure, idealità e sogni sul futuro.