Stupidità della Censura, che sia di Facebook o Instagram

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Stupidità della Censura, che sia di Facebook o Instagram.

(O, anche, dell’impudicizia del capezzolo?)

di Giampaolo Spinato

Allora, mentre Gesù risorge, a notte fonda, tra sabato e domenica, mi imbatto in una meravigliosa foto di Man Ray (Emmanuel Radnitzky, immenso esponente dadista) che ritrae la sua assistente ed amante, Lee Miller, a sua volta fotoreporter di guerra per Vogue, oltre che modella e autrice di studi fotografici su Picasso, Max Ernst, Marlene Dietrich ed altri artisti. La pubblica su Twitter l’account aucharbon(@alcarbon68), che ho inserito nella mia lista Culture Club e che retwitto spesso. Eccola:

Ispirandomi molto ironicamente e senza tante pretese alla procedura e al concetto di Ready-Made, espresso e rielaborato insieme ad altre modalità reinventive come la decontestualizzazione e l’isolamento funzionale degli oggetti proprio dalle avanguardie del Primo Novecento a cui fanno riferimento gli artisti citati, mi diverto a creare una sua innocente variante comunicativa.

Citando dunque fonti, autori, personaggi, titolo dell’opera, anno, versetti evangelici, tweet originale e quant’altro, ne ricavo un semplice tweet di auguri pasquali che assegna allo splendido ritratto della Lee un ruolo inaspettato: quello dell’Angelo che in ben tre dei quatto vangeli annuncia alle donne piangenti la Resurrezione di Cristo. Lo incollo:

Lo stesso testo, illustrato con la stessa foto, viene rilanciato su Google Plus e Linkedin. Ma “quale non fu la mia sorpresa, che dico, la mia costernazione”, per parafrasare il Candido di Voltaire (e forse qualche altro autore di quel calibro), quando alle 11.20 del mattino di Pasqua, appena ricevuta la notifica del “cuoricino” apposto dall’attore Bebo Storti in segno di approvazione e forse di vicendevole augurio, Instagram decise proditoriamente di cancellarlo dal mio profilo, senza spiegazioni, limitandosi a rinviarmi alle linee guida della community. Ecco qui una ricostruzione del post e lo screenshot dell’inopinata censura:

Pensavo fosse finita lì e, a parte lo scanzonato tweet qui sopra, col quale buggeravo lo sforbiciatore, sia esso algoritmico o umano, mi rimettevo al buonsenso delle persone nel comprendere la demenza a cui ci sta consegnando l’incultura conoscitiva e civile, l’impreparazione e, a volte, una predeterminata volontà di controllo nella gestione dell’universo social e della rete in generale.

Macché. Alle 18.20, dopo aver ricevuto diversi attestati di solidarietà, insieme alla classica dose dopaminica di “Mi piace” che, fra un gattino e l’altro, non si nega a nessuno, ecco che anche Facebook mi condanna, cancellando sia il post riprodotto come già sopra descritto, sia i commenti in cui era visibile l’anteprima con la censura del confratello Instagram. Ecco qui:

All’approfondimento delle ragioni delle due cancellazioni, non me ne vogliate, desiderei non dedicare più dei 15 secondi che mi sono serviti per:

  • rimanere del tutto all’oscuro del motivo delle censure perché la semplice elencazione delle linee guida già di per sé suona sopraffattoria dal momento che non specifica affatto qual è il preciso (e non generico) motivo per cui proprio il tuo contenuto, e non un altro, sia stato cancellato;
  • accorgermi che anche una scorsa generica delle regole racconta quanto concentrazionaria e disciplinatoria sia la china che sta prendendo il capostipite dei social, incapace com’è di nascondere la vera natura delle sue regole, ovvero il paraculismo di chi continua a non voler affrontare con serietà i temi sul tappeto, dando come sempre la priorità al commercio e al non incorrere in sanzioni, magari continuando anche a risparmiare sulla necessità di governare gli algoritmi con umani (che significa lavoro e altri stipendi);
  • infine, sottraendomi agli arbitrari, arroganti metodi del signor Mark Zuckerberg, superbo difensore del liliale scambio di amicizia che non si perita di darti alcuna spiegazione, dopo essere incappato per caso in questa quasi antica spiegazione su nudità e, ohibò, capezzoli, penso di non avere niente da aggiungere alla già conclamata aura neofascita che irradia dalle sue creature, quei social che ogni persona con un briciolo di intelligenza continuerà, con la sua sensibilità, il suo umorismo e, a volte la sua giustificata rabbia, a sfregiare per metterle al servizio dei propri bisogni e della propria voce, come non sa più nemmeno fare chi li rappresenta, invece dei loro conti correnti.


https://www.facebook.com/giampaolo.spinato/posts/10216383664970932


About Giampaolo Spinato

(Milano, 1960) ha pubblicato Pony Express (Einaudi, 1995), Il cuore rovesciato (Mondadori, Premio Selezione Campiello 1999), Di qua e di là dal cielo (Mondadori, 2001), Amici e nemici (Fazi, 2004), La vita nuova (Baldini Castoldi Dalai, 2008). Scrittore, giornalista freelance e docente universitario, scrive per il teatro e ha fondato Bartleby – Pratiche della Scrittura e della Lettura.

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