Quei crudeli poliziotti in divisa rosa-cipria

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01.07.02
La Stampa
Quei crudeli poliziotti in divisa rosa-cipria – Osvaldo Guerrieri

LA COMPAGNIA KRYPTON A ASTITEATRO CON «B.»
Quei crudeli poliziotti in divisa rosa-cipria

Se Samuel Beckett non fosse mai esistito, guarderemmo con molto interesse e con viva impressione alla drammaturgia di Giampaolo Spinato, giunto ad AstiTeatro con B. diretto e interpretato da Fulvio Cauteruccio per la Compagnia Krypton. Ma poiché Beckett è esistito (l’anno prossimo celebreremo i cent’anni dalla sua nascita), come dovremo considerare il suo lavoro? Un succedaneo? Il frutto di un lascito imprescindibile e abbagliante?
Ci poniamo queste domande non per sminuire la capacità compositiva di Spinato, che, oltre alla drammaturgia, si dedica con successo alla narrativa (il suo «Cuore rovesciato» è stato selezionato al Campiello ’99); ma per indicare il clima e l’ambito dentro cui si colloca «B.», premiato al Riccione del 2001. Nel dramma, che Cauteruccio ha in parte semplificato, abbiamo una coppia di aguzzini che interroga e sevizia un uomo accusato di avere ucciso la sua donna. All’interrogatorio si mescolano gli ordini impartiti attraverso un altoparlante da una voce misteriosa. Gli aguzzini eseguono, assumono l’iniziativa, si controllano l’un l’altro, interrompono il lavoro per guardare una partita di calcio alla tv, fanno uno spuntino.
Ecco in poche parole quel che succde. Ma in «B.» non importa quel che succede: importa come succede. Il come è dato dalla sovrapposizione di presenza-assenza e di materialità -immaterialità, è dato da un linguaggio che mima quello poliziesco, ma poi si proietta in una autentica dimensione assurda; è dato dalla disperante inutilità del rito quasi cannibalesco cui partecipano i due carnefici. Essi indossano pesanti divise da questurino di color rosa cipria. Si comportano come Clov e Hamm in «Finale di partita»: vanno avanti e indietro per la stanza, scrutano inutilmente da una finestra, salgono e scendono da una scala portatile, dettano e trascrivono verbali.
E’ il trionfo del girare a vuoto, che trova una vivida teatralità nella forza degli interpreti, ossia in Cauteruccio e in Silvia Guidi, la coppia degli aguzzini, che diventa significativa per l’accostamento di uomo e donna. I due sono davvero molto bravi nel condurre e dominare il gioco. Si sottopongono a un ritmo forsennato, che obbedisce alle istruzioni di Beckett sull’esecuzione delle sue opere. Il prigioniero è il giovane Daniele Bartolini, che se ne sta su un piedestallo con un enfatico naso da Pinocchio e, procedendo l’azione, somiglia sempre di più a un San Sebastiano muto, trafitto dagli strali di un’assurda crudeltà.

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