MILANO ALLA PIASTRA
Il Contrappasso di un’Èra
La Milano da bere? È diventata “Milano alla Piastra”
Ricordate la Milano da bere? Dimenticatela. È cominciata l’èra della Milano alla Piastra. Non è solo un gioco di parole sulle indagini che coinvolgono il sindaco Beppe Sala a proposito del più grande degli appalti Expo. È una mutazione antropologica ispirata a un cupio dissolvi sostenibile, come amano precisare le archistar di oggi. E, al netto della sua teatralità, tanto cara alla mistica del branding, dalle prime avvisaglie, le prospettive non sembrano affatto rassicuranti.
Chi la vuole cotta, chi la vuole cruda. Di sicuro, comunque vadano a finire le inchieste che pendono sul capo del suo Sindaco, nei contenuti, nei modi e nel ritardo controverso con cui sono deflagrate sfrigola l’untuoso taglio di una città sdraiata sulla bistecchiera. Il sentiment mai sondato prima delle elezioni, quello che eccita i guru del marketing e che ha accompagnato con rassegnazione riluttante l’organizzazione di quella Festa dell’Unità chiamata Expo, presagiva questo scenario.
La regia di questo permanente noviziato per le magnifiche sorti e progressive di Milano è tutta politica. Una politica occupata da truppe di sales manager. Gente che la sa metter giù bene. StorySeller senza fronzoli. Avvezzi al linguaggio e alle strategie di derivazione militare, come il celebre boots on the ground, di cui si servono per persuadere i politici di turno a planare come angeli del focolare nei mercati rionali, programmando tour in torpedone o operazioni di terra, sicuri che la menzogna congegnata in uno storyboard veicoli l’avere a cuore i bisogni delle persone come verità.
Abituati da Tangentopoli all’umiliante derisione di chi gli domanda da dove venga la locuzione “capitale morale”, i milanesi vivono da decenni il privilegio di essere le cavie da laboratorio di un processo globale di instaurazione della Mediocrazia. Percorso non indolore, che implica l’involuzione antropologica finale dell’animale politico. Quello che un tempo, persino quando compromesso o corrotto, dettava le condizioni a conniventi e collusi e che ora ne è succube.
Che la politica, salvo rare eccezioni, abbia abdicato alle sue naturali istanze per vendersi come una Milf al miglior offerente sul mercato dell’economia e della finanza è cronaca. Che questa compravendita sia insidiata da disegni e intelligenze criminali è allarmante attualità. Ma che si voglia fare passare tutto ciò come lungimiranza è mediocrità e malafede.
Da parte sua, il Sindaco Sala, orfano dello sponsor Matteo Renzi, ha messo le mani avanti: “Serve una norma che ne chiarisca poteri e risorse [delle città metropolitane, ndr]. Non farlo è atto di grande stupidità politica e di scarsa cognizione di cosa serve nel XXI secolo”. Così, in assenza dell’ennesima, famigerata riforma – ennesimo, stucchevole assist per Renzi e il suo StorySelling – avrà una scusa per tutto. Anche per l’ostinazione con cui si continuano a seppellire sotto la vetusta e opaca retorica su Expo i problemi, non ultime le infiltrazioni mafiose nella sua, nostra città.
Ma poi, di cosa stiamo parlando? Di un sindaco di cui, allo stato, si ricordano, fra le più indimenticabili coreografie comunicative, la farsa del time out a seguito dell’avviso di garanzia, una querula richiesta della presenza di più militari, la stucchevole apertura del dibattito sull’intitolazione di una via a Bettino Craxi. Roba che, al confronto, la diagnosi sull’Inter e gli auspici su Messi a Milano ne fanno uno statista in pectore.
Nel frattempo, inchieste permettendo, prospera chi voleva e continua a voler cucinare “Milano alla Piastra”. Quelli che la blandiscono come una escort, sussurrandole che è bellissima, applaudendo agli stormi di flying gardener che svolazzano nel celestiale particolato che la intossica. Quelli che alle fritture di pesce preferiscono il barbecue o la graticola all’Ortomercato o, anche, in Borsa. E ambirebbero ad atterrare con gli elicotteri sui grattacieli.
Stiano accorti però i vati e i clienti della melliflua “Milano alla Piastra” – da “impiastrare”, ovvero spalmare, insudiciare, imbrattare. Di imbrattamenti indigesti Milano e le sue parti più intime (e ultime) ne hanno subiti parecchi. E le storie che si raccontano chiedono il conto. Vale per tutti. Non solo, come a qualcuno piace pensare, per gli altri, che di cognome magari si chiamano Raggi.
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