L’irriducibilità della scrittura (Appunti)

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L’irriducibilità della scrittura (Appunti)

L’irriducibilità della scrittura che si sottrae alle regole disciplinatorie dello storytelling. Una scrittura che è rigore, festa, sbalordimento. intuito, visionarietà, trasformazione, conoscenza e persino generativo salvavita contro l’assedio dell’angustia, del dolore, della sofferenza. Scrittura non compilativa, mai parassitaria, finzione con funzione esplorativa. Che non può essere consolatoria. Che, anche se costretta a assumere un punto di vista, vive e si dispiega nei precipizi, le ascensioni, le carezze, i graffi inaspettati dell’essere smentiti. Scrittura che con le dolenti istanze della rassicurazione, del disperato bisogno di riconoscimento in cui anneghiamo, ha “vincoli soltanto puerili”. Che il suo punto di partenza sia fittizio o, al contrario, autentico, sincero, e persino “storico”, la sua natura di necessità aspira a disseppellire quello che non (si) sapeva prima. Questa scrittura, questo scrittore non ha una residenza, non ha casa, non può appartenere ad alcun partito o chiesa. E forse non è un caso che in quest’epoca di “narrazioni” interessate, preconfenzionate, allevate come pollame da batteria, abbia attenzione rara dall’editoria.

P.S.: Facciamo più attenzione, per esempio, non scomodiamo categorie come “lo scrittore” là dove, vedi Facebook, altro non è dato di fare se non lavorare gratis per Mark Zuckerberg.

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