Io, a scuola di scrittura

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24.04.2001
Grazia
Provato per voi. Io, a scuola di scrittura – Oriana Picceni

La passione per i libri, il piacere dell’invenzione, il sogno di pubblicare un romanzo. Sono tante le ragioni per cui ci si iscrive a un corso di «creative writing». Ma che cosa s’impara? Ecco una testimonianza, in presa diretta.

Partecipare a un corso di scrittura creativa per curiosità e per scoprire che questa esperienza può essere un esercizio di conoscenza profonda, attraverso cui comprendere noi stessi e il mondo che ci circonda. Il confronto, il cambiamento e la sorpresa della scrittura vissuti in prima persona.

Scrivere. Scrivere per comunicare, per informare, per esprimere le proprie emozioni e per emozionare. E scrivere per piacere. Ho sempre pensato alla scrittura come a un’inclinazione personale, una sorta di allenamento mentale all’uso delle parole unito a una spiccata sensibilità alla loro musicalità . Non credevo che questa abilità si potesse imparare o insegnare. E non avevo quindi mai valutato la possibilità di frequentare un corso di scrittura creativa nel quale, mi immaginavo, un illustre scrittore (o giornalista) mi avrebbe bombardato di nozioni tecniche nel tentativo (magari vano) di farmi acquisire un preconfezionato, meccanico modo di scrivere. Fino a quando, una sera, uscendo da un teatro, ho notato un volantino con una scritta rossa: «Bartleby – Il progetto e la sorpresa» e, poco più sotto, «Pratiche della scrittura e della lettura». Il volantino promuoveva un laboratorio curato dallo scrittore e giornalista Giampaolo Spinato presso il CRT?Teatro dell’Arte di Milano. L’ho messo in tasca per poi ritrovarlo il giorno dopo. Avevo conosciuto Spinato come autore e mi era piaciuto, così ho cominciato a leggere il programma del corso, che prevedeva tre cicli di sei lezioni ciascuno, per un impegno di due ore settimanali. Il primo ciclo era dedicato a «La comunicazione scritta», con l’analisi dei vari usi della scrittura, i modelli di comunicazione più diffusi, gli strumenti e le scelte che accompagnano questa pratica. Il secondo, intitolato «Dentro la scrittura», sarebbe stato il passo decisivo verso la comprensione dei suoi significati, lo step che avrebbe permesso al potenziale partecipante – aspirante scrittore o semplice appassionato – di concepire una storia. Poi, per chi avesse desiderato approfondire questo percorso, ci sarebbe stato un terzo modulo, «Verso la narrazione», basato sull’analisi dei testi realizzati durante il laboratorio.

Ero molto attratta dalla scritta rossa, m’incuriosiva il personaggio a cui il corso era intitolato, perché la figura dell’irriverente scrivano Bartleby, protagonista dell’omonimo racconto di Herman Melville, mi sembrava curiosamente stridente con l’idea di rigore e controllo formale che un’esperienza di questo genere poteva dare. Bartleby è in effetti un personaggio bizzarro: assunto in un ufficio come copista, dà subito prova di grande dedizione al suo lavoro, senonché, col tempo, comincia a rifiutare ogni incarico rispondendo sempre con lo stesso ritornello: «Preferirei di no … ». In realtà, avrei poi scoperto che proprio su questa apparente contraddizione, tra la dedizione e il diniego, tra la consuetudine alla regola (quella che spesso vincola la comunicazione scritta) e l’istintività emotiva (che può riempire di significato la scrittura), si sarebbe giocata tutta l’esperienza del laboratorio Bartleby.

Così, spinta un po’ dalla curiosità, un po’ dall’idea di incontrare persone nuove, ma soprattutto dalla voglia di scoprire quale potesse essere la «sorpresa» di cui parlava il volantino, mi sono iscritta. Al primo incontro eravamo in 19, seduti in cerchio nel piccolo spazio che il teatro ci aveva riservato per quella serata. Non credo che quel quarto d’ora di ritardo fosse stato calcolato ad hoc per permetterci di cominciare a familiarizzare, ma di fatto quei pochi minuti mi erano bastati per focalizzare una situazione di grande eterogeneità : l’ensemble di aspiranti scrittori era composto da persone di provenienza e di età molto diverse. Del resto anche le motivazioni che ci avevano portato lì quella sera erano davvero le più disparate: Paride (30 anni) si era iscritto per esigenze di lavoro e cercava un confronto con l’esperienza di chi si era scelto la scrittura come professione; Lorenzo (50 anni) sentiva il bisogno di entrare nella dimensione favolistica della scrittura per completare l’introduzione al catalogo del Museo di Cavalli Giocattolo, nato proprio dalla sua collezione (una passione durata trent’anni); Marco (un nonno) voleva imparare a raccontare ai suoi nipoti la storia della sua vita; Laura (35 anni) desiderava ritrovare la spontaneità del processo creativo. E poi Paolo, Marisa, Leonardo, Annamaria, Rosaria, Vincenzo, Joseph, Serena… Giampaolo Spinato, invece, era esattamente come me l’ero immaginato: affascinante, professionale ed estremamente pragmatico. Nessuna formalità, idee molto chiare e soprattutto una grande attenzione a cogliere (nel giro di pochissime ore) i tratti fondamentali della personalità di ciascuno di noi. Dopo le prime ore di lezione, dedicate alle più basilari nozioni di semiotica e linguistica, abbiamo cominciato subito a scrivere.

Il nostro obiettivo era quello di creare una storia. I primi testi sono nati da input tematici, dati da Spinato: scrivere la prima cosa che ci veniva in mente, per poi chiedersi che cosa si celasse dietro a quel pensiero; oppure, scrivere una cosa che ci era molto piaciuta o dispiaciuta, cercando di descriverla attraverso tutti i sensi. E così Paride ha scritto di una pallina blu – forse un sogno di bambino, forse l’immagine di un ricordo – mentre Paolo ci ha raccontato di un bacio e Serena di un panino con la mortadella! Aprirsi al confronto, leggendo i nostri testi ad alta voce, ci portava, di volta in volta, a momenti di crisi, tensione, imbarazzo. Momenti che si sarebbero poi rivelati fondamentali per comprendere non solo i meccanismi della scrittura, ma quelli della condivisione e del lavoro di gruppo.

Pronti a «entrare nella storia», abbiamo cominciato a lasciarci andare, superando i blocchi emotivi che ci forzavano a un eccessivo controllo. Dovevamo stare dentro i nostri testi, «sentirli» attraverso le azioni e «mostrare i fatti». Poi, a tappe graduali, ognuno di noi ha imparato a trovare il giusto equilibrio tra la propria emotività (il luogo dell’invisibile) e l’oggettività della storia (azioni, personaggi e ambiente). Nel mio personale percorso, questo è stato il passo che mi ha permesso di scoprire il vero significato della «sorpresa». E’ successo quando, come consuetudine, ho letto agli altri il mio primo breve racconto. Leggerlo ad alta voce mi metteva alla prova. Raccontavo il disagio, nella forma di un’adolescente con problemi di anoressia sottilmente legati al difficile rapporto con la madre alcolizzata: una piccola storia che, nella sua dimensione episodica, rappresentava il mio primo concreto contatto con il testo e il suo significato. La sorpresa era stata nel profondo moto emotivo che la sua lettura mi aveva provocato, scuotendomi tanto da strozzarmi le parole in gola. La sorpresa stava anche negli occhi commossi di Annamaria. Finalmente ero riuscita a trasmettere emozioni, le stesse che provavo anch’io nel leggerlo, le stesse che avevo voluto sentire mentre scrivevo.

Ma ho scoperto l’emozione e la sorpresa anche negli altri: la pallina blu di Paride era il gioco di un bambino solo; dal bacio di Paolo era scaturita una drammatica relazione omosessuale. Al terzo modulo siamo quindi arrivati attraverso un processo di analisi, confronto, rottura e ricomposizione: momenti importanti per la nostra crescita individuale e collettiva, tappe che ci hanno portato ad acquisire la fiducia nella scrittura come esercizio di conoscenza e comprensione di noi stessi e della realtà che ci circonda. Il gruppo si è ridotto a nove, ma la coesione è tale da permetterci un confronto pienamente costruttivo: c’è chi ha superato blocchi emotivi ritrovando nuovi stimoli e c’è chi si è misurato con un più profondo cambiamento personale. Alla fine, quello che arrivi a capire è che la scrittura non si può imparare, ma si può imparare a «sentire» la scrittura: bisogna nutrirla di affetti e significati senza mai interrompere il dialogo tra il progetto e la sorpresa. Da questo rinnovato rapporto, nasce Bartleby Factory, un gruppo di lavoro concepito come spazio di elaborazione, progetto e organizzazione: un nuovo punto di partenza per andare, insieme, dentro e oltre la scrittura.

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Nel girone degli «aspiranti»

Aspiranti scrittori in cerca di un editore, divisi dall’intramontabile dualità tra la passione letteraria e le esigenze di mercato: è questo il tema del romanzo Settore editoriale di Vittorio Orsenigo (Editore Archinto). L’amore per la scrittura rappresenta una sorta di filo d’Arianna che tiene insieme le pagine di questo libro. La trama, vivace e divertente, si articola nella forma di brevi schegge d’ironia: piccole storie giocate sul tormentato rapporto tra lo scrittore speranzoso, pieno di ardore e di pazienza, e l’editoria, impietoso e cinico Caronte di questa passione. Ci si trova così coinvolti, insieme a uno scrittore provato da snervanti attese e continui rifiuti (mal celati dietro accorte condanne di metodo e contenuto, o crudamente palesati in un «Ma mi faccia il piacere…!»), in grottesche situazioni, del tipo: «Di tempo da dedicare alla lettura totale del suo romanzo non ne ho avuto. Credo, però, di essermene fatto un’idea. Vada per la parte descrittiva, non eccelsa ma sicuramente amabile. Il punto nero, la malformazione degenerante sta nel plot».
E anche quando il giudizio del girone di turno (dal consulente di casa editrice al direttore editoriale) appare meno crudele – «I suoi scritti brevi, quelli di taglio aforistico, meglio ancora i brevissimi, sono quanto di meglio ha scritto» – la speranza viene subito vanificata da un: «Ma qui da noi – lei lo sa bene – non esiste una casa, voglio dire, una collana, adatta per accoglierli. Se li pubblicassi avrebbero il destino dei figli senza padre». Ma la forza dell’autore sta proprio nell’aver attuato, attraverso il suo stralunato protagonista, una sorta di divertito straniamento dall’eterno martirio del rifiuto editoriale. Un distacco che rende la sua narrazione vivida e mobilissima proponendo il romanzo non come monito per gli aspiranti scrittori ma, piuttosto, come ironica via di fuga proprio da questa frustrazione.

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Le scuole in Italia

TORINO: Scuola Holden – Tecniche della narrazione
Fondata nel 1994 da Alessandro Baricco, la Scuola Holden propone un «Master in tecniche della narrazione» (aperto, previa selezione, ad aspiranti scrittori dai 19 ai 30 anni) della durata di 2 anni, per una frequenza giornaliera di 4-6 ore. Il costo dei master è di 9.000.000
l’anno, con possibilità di ottenere una borsa di studio. Inoltre, sono organizzati altri tre corsi aperti a tutti: Racconto e Romanzo) sulla scrittura), Laboratorio di lettura e Corso di sceneggiatura.
Per informazioni: tel. 011/6632812, fax 011/6632813; e-mail: holden@tin.it; www.scuolaholden.com.

MILANO: Teatro Verdi – Corso di scrittura creativa Il corso, curato da Laura Lepri e nato sulla tradizione dei laboratori di scrittura di Giuseppe Pontiggia, si divide in due moduli: «Narrativa che passione!» (da ottobre a dicembre) sulle nozioni tecniche di base della pratica narrativa e sulla costruzione dei personaggio; «Nel laboratorio delle scritture» (da febbraio ad aprile), con lettura di testi classici e contemporanei, esercitazioni pratiche e approfondimenti sulle modalità stilistiche della scrittura. Ogni modulo è poi diviso in due
livelli di 8 ore ciascuno, a cadenza settimanale (in orario serale), per un costo di L. 570.000 (il primo modulo) e L. 700.000 (il secondo). L’intero corso costa L. 1.145.000, con in regalo un abbonamento a 5 spettacoli a scelta presso il Teatro Verdi. Per informazioni:
Teatro dei Buratto, tel. 02/27002476

MILANO: CRT-Teatro dell’Arte – Bartleby – il progetto e la sorpresa
Per informazioni: – CRT – Settore Formazione e Ricerca, tel. 02/861901 per il corso tradizionale; inediti@tin.it per il corso online; http://www.giampaolospinato.it.

PADOVA: Piccola scuola di scrittura creativa
Fondata e diretta da Giulio Mozzi, la scuola, ospite dell’Associazione Lanterna Magica, propone due corsi: «La scrittura del racconto» sull’invenzione narrativa, i fondamenti di narratologia e la narrazione come gioco e «Scuola di lettura» per conoscere meglio i più
rappresentativi poeti del Novecento. I corsi, articolati in 15 incontri ciascuno (in orario serale), hanno un costo di L. 300.000.
Per informazioni: tel. e fax 049/8724477; e-mail:
info@lanternamagica.org; www.lantenamagica.org.

ROMA: Omero – Scuola di scrittura creativa
Omero è una scuola sulla comunicazione scritta a tutto campo: dalla narrativa alla poesia, dal giornalismo alla televisione e al cinema. Sono previsti laboratori focalizzati sulle singole discipline. Il corso base relativo alla narrativa, curato da Francesco Piccolo e Valeria Viganò, è diviso in tre livelli: il primo costa L. 600.000, il secondo L. 900.000 e il terzo L.1.500.000. C’è poi la possibilità di partecipare a un corso avanzato (al quale si accede tramite una prova d’ammissione), che ha come obiettivo la creazione di un racconto che potrà essere pubblicato. Inoltre, ci sono corsi di narrativa e poesia on line articolati in 10 lezioni. Per informazioni:
tel e fax 06/5809990, e-mail scuola@omero.it; www.omero.it.

FAENZA: Il mestiere di scrivere
Un corso che vuole porsi come occasione per un approccio dettagliato ai diversi generi narrativi, alla sceneggiatura cinematografica e televisiva, con la possibilità di conoscere i meccanismi editoriali e le regole che li condizionano. Condotto e gestito da Eraldo Baldini,
Guido Leotta, Carlo Lucarelli e Giampiero Rigosi, questo ciclo di 6 incontri (per un totale di 24 ore di lezione) costa circa L. 400.000 ed è aperto a 25 partecipanti. Per informazioni: tel. 0546/681819.

CHIUSI (SI): Scrittura creativa in vacanza
Ecco un laboratorio dedicato alla scrittura che unisce l’utile al dilettevole: è una settimana di vacanza in un villaggio turistico che prevede circa 50 ore di lezione in orari da concordarsi con i partecipanti, per agevolare al massimo il piacere dei soggiorno. Il corso è organizzato dalla rivista Inchiostro e le lezioni saranno tenute da Giulio Mozzi: l’iscrizione costa circa L.600.000, vitto e alloggio esclusi.
Per informazioni: tel. 045/8011779.

IN RETE: indirizzi e siti
Fra i più interessanti da consultare: www.alice.it; www.holdenlab.it; www.scrittura.it; www.infinitestorie.it; www.mestierediscrivere.com.

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