IL POTERE CHE PIANGE

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L’INATTUALE – rubrica su Satisfiction | Il potere che piange

Per un attimo s’era domandata se la montatura aderente alle orbite fosse a tenuta di lacrime e le consentisse di seguitare a piangere e riempire lo spazio dietro le lenti. Così avrebbe potuto portare per sempre con sé la malinconia dell’occasione, vedere il mondo attraverso la rifrazione del pianto, di quel suo pianto specifico, come indice, ancora da scoprire, variabile da lacrime a lacrime. (Thomas Pynchon, L’incanto del lotto 49)

Il potere che piange non ha niente di umano. Solo le anime belle possono credere alle lacrime del Ministro del Welfare, Elsa Fornero. Così come non basta al fondatore del San Raffaele paragonare le sue sofferenze a quelle di Cristo per farci credere che abbia il costato trafitto. Lo spasmo che strangola in gola il fiato che serve al potere per potersi spiegare, è una superba finzione. Tradisce una bugia, una menzogna che, per rendersi meno indigesta, fa leva sugli automatismi dell’istintualità, degli affetti, dei sentimenti. Almeno di questo dobbiamo rendere grazie all’enestesia praticata da tanta televisione nei recenti decenni: di averci mostrato che nemmeno l’intimità più recondita è al riparo dalla contraffazione. Se, come siamo disposti ancora a pensare, quei singulti e le lacrime che ne sono seguite, hanno un residuo statuto di fragilità umana, non c’è che una strada: gettare la maschera. Questo, sì, che sarebbe garantire il futuro a un Paese. Un contrappasso che, tra le altre cose, forse solo e proprio una donna, allo stato, sarebbe in grado di fare. Descriverci, senza omissioni, la verità che ha intravisto dietro il velo di lacrime. Mostrarci o provare ad alludere almeno, come Oedipa Mass, nel capolavoro di Pynchon, chi sono i misteriosi rappresentanti che aspettano dietro la porta che l’asta cominci e un’intera nazione vada, contrita, fra lacrime e sangue, all’incanto.

Giampaolo Spinato

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