Il direttore Sansonetti e il senso delle parole (oltre che delle proporzioni)
Rilevavo l’altra sera su Twitter una gaffe del direttore Gomez (ilfattoquotidiano.it), il quale, presentando il suo nuovo libro a Non è l’arena, trasmissione di La7, usava il verbo rubare con negligente (o maliziosa?) imperizia, mettendo nel calderone generico dei soggetti inclini a questa odiosa attitudine politici di ogni risma e colore, avendo però cura di citare e sempre genericamente affiancare sia chi è avvezzo alla vera e propria corruttela, sia i rappresentanti del Movimento 5 Stelle assurti in questi giorni agli onori delle cronache per avere violato in variabili e parziali quantità l’impegno assunto con gli elettori di versare parte della propria contribuzione in quanto eletti al Parlamento Italiano. Indipendentemente dalla volontà o meno di fare di tutta l’erba un fascio – lungi da me il processare le intenzioni – trovo non sopportabile e intimamente disonesto perpetuare il giochino qualunquista che deriva da simili gaffe. Il direttore del Dubbio, Piero Sansonetti, tuttavia, non si è saputo trattenere dall’ironizzare dandomi ragione e rincarando la dose con un profluvio di ambigue concettualizzazioni, usate con la dovizia sapiente del giornalismo a cui ormai siamo abituati, un linguaggio che corre sul filo equivoco del gergo tecnico giurisprudenziale, dispiegato spesso invocando altri campi – l’etica, ad esempio – per giustificarsi non assumendosene così integralmente la responsabilità. A questa sintassi o vocabolario “di guerra” mediatica appartengono la parola “truffa”, il sintagma sbrigativo “falsi bonifici”, nonché le etichette di “massoni”, “disonesti”, “picchiatori”, tutte genericamente sparpagliate qua e là nella piccata nella contestazione del mio disappunto per il ricorso a un linguaggio impreciso e niente affatto appropriato. Dopo avere spiegato a Sansonetti che, non essendo titolare di tessere, né iscritto ad alcun movimento o partito, non parlavo in difesa di nessuno se non del buonsenso, gli ho proposto di rinunciare alla sterilità del classico catfight da social e di ospitare piuttosto un mio articolo in cui avrei potuto spiegare “perché mi indignano, sì, i metodi comunicativi fallimentari e l’astio di sistema contro quel movimento“. Qui sotto potete leggere come è andata a finire e, anche, farvi un’idea dello scambio avvenuto.
Grazie. Ma io non lavoro gratis. Quando i volgari arzigogoli del liberismo sfrenato che massacra i non garantiti mi hanno formalmente costretto a farlo, ho sempre aggirato l'ostacolo ottenendo corrispettivi che il Dubbio non può darmi. Neanche come visibilità. Meglio il mio sito.
— Giampaolo Spinato – il Gps' (@GPS_SPINATO) February 19, 2018
P.S.: Aggiungo solo, qualora alla data della pubblicazione dell’intervista che inserisco qui sotto fosse stato proprio Sansonetti il direttore di Liberazione, un ulteriore ringraziamento 14 anni in ritardo.
Una generazione caduta a via Caetani